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    Agricoltura Biologica

    Agricoltura biologica Insieme di tecniche agronomiche finalizzate alla produzione di alimenti e fibre rispettando le interazioni tra organismi viventi e ambiente. Nell’agricoltura biologica l’intervento dell’uomo è condizionato dalla necessità di limitare o escludere l’impiego di prodotti chimici di sintesi; viene esaltata la produttività ottenuta salvaguardando l’ambiente, gli equilibri naturali, la salute e le caratteristiche organolettiche delle produzioni agricole, il benessere degli animali allevati e la biodiversità. Si tratta di un sistema produttivo molto sofisticato che prevede anche l’applicazione di importanti conoscenze scientifiche, spesso necessarie dove si intende ripristinare un modello agricolo biologico in luogo del modello intensivo. L'International Federation of Organic Agriculture Movements (IFOAM), un'organizzazione internazionale che riunisce tutti i movimenti che si adoperano per la diffusione dell'agricoltura biologica, ha stabilito alcuni principi fondamentali ai quali le varie associazioni di produttori e trasformatori biologici fanno riferimento. AGRICOLTURA BIOLOGICA ALL'ISOLA D'ELBA ANSONICA dell'ELBA D.O.C. passito naturale, vino con uva da agricoltura biologica. Quando la stagione autunnale lo permette, e si riesce a portare sana, l'uva di Ansonica, fino alla fine di ottobre/inizio di novembre, ben appassita, si riesce ad avere un vino particolarissimo, di un bel colore ambrato, di profumo delicato ed etereo, di sapore dolce ed intenso. Un vero nettare. MOSCATO dell'ELBA D.O.C. passito naturale, vino con uva da agricoltura biologica Ottenuto dalla vinificazione tradizionale in purezza delle uve Moscato, clone adattato da secoli alle condizione pedoclimatiche dell'isola d'Elba. AGRICOLTURA BIOLOGICA NELLA STORIA Prima dell’applicazione della chimica alle tecniche di produzione intensiva, cioè dell’introduzione di prodotti di sintesi come fertilizzanti, stimolanti o pesticidi, la coltivazione biologica era l’unico sistema noto di coltivazione agricola. I primordi di una “cultura” del biologico, almeno in Europa, si possono fare risalire alla fine del secolo XIX, quando vennero istituite le cosiddette Reform Haus berlinesi in cui si tentava di curare l’alcolismo somministrando una dieta di frutta, verdura, pane non raffinato e altri prodotti non sofisticati. Il filosofo austriaco Rudolf Steiner definì per primo il termine di agricoltura biodinamica, descrivendone i criteri che furono adottati dai suoi seguaci. Un notevole impulso fu dato da Eve Balfour, il cui lavoro di ricerca compiuto tra gli anni Venti e Trenta, sfociò nella pubblicazione del libro The Living Soil, avvenuta nel 1944. L'interesse che questo testo suscitò condusse, nel 1946, alla nascita dell'associazione denominata Soil Association. Tale organizzazione, insieme con altre simili sorte successivamente in altri paesi, aveva come obiettivo la ricerca, lo sviluppo e la promozione di una relazione sostenibile fra suolo ed esseri viventi, con l’obiettivo di produrre alimenti sani senza degradare l’ambiente. Un'altra figura di spicco fu lo scrittore ed economista tedesco Ernst Schumacher, che si fece interprete di una corrente di pensiero incline a un ritorno alla terra. In Italia, la creazione della prima Associazione per l’Agricoltura Biodinamica si ebbe a Milano nel 1947. A partire dalla fine degli anni Settanta, anche in Italia il settore agricolo si è rivolto con sempre maggiore interesse ai metodi di coltivazione biologica, rispondendo alle esigenze di un mercato via via più attento alla qualità e alla genuinità dei prodotti e anche grazie alla diffusione di tematiche ambientali operata da associazioni e movimenti ambientalisti. Verso la fine degli anni Novanta, l’attenzione per il biologico è aumentata in alcune fasce di consumatori anche per effetto del dibattito sull’impiego di organismi transgenici nell’alimentazione umana. Attualmente, l’agricoltura biologica è particolarmente fiorente nell'Europa centrosettentrionale: l'Austria, con il 6% delle aree coltivate, è il principale produttore nel settore biologico, seguita da Germania, Olanda e Danimarca. L'Italia solo negli ultimi anni si è affacciata a questo tipo di coltura, e la Toscana ne è un'ottima rappresentante. Nei paesi della Comunità europea, per poter commercializzare i propri prodotti come biologici, le aziende agricole e quelle di trasformazione devono rispondere alle prescrizioni stabilite dal regolamento CEE 2092/91 e devono sottoporsi al controllo di un ente certificatore autorizzato. PRINCIPALI CRITERI DI COLTIVAZIONE BIOLOGICA Trappola per insetti In agricoltura, l'impiego di feromoni è una pratica di lotta biologica utile contro molte specie di insetti dannosi. Queste sostanze simulano quelle emesse dalle femmine durante la stagione riproduttiva; introdotte in speciali trappole a forma di imbuto, attirano i maschi anche da notevoli distanze. In tal modo viene impedita la fecondazione e le uova deposte dalle femmine risultano sterili. La lavorazione biologica del terreno di coltura interessa in modo particolare gli strati più superficiali, in modo da sfruttare la zona di maggiore concentrazione della sostanza organica ed evitare di portare in superficie strati profondi, poveri di humus; in genere la profondità di aratura ideale non supera i 20-30 cm. La concimazione esclude prodotti chimici: vengono utilizzati letame, residui di coltivazione e preparati minerali per la reintegrazione di potassio e fosforo; per l’arricchimento del suolo in azoto, invece, si applica la rotazione delle colture con fasi a leguminose, che permettono la fissazione dell’azoto atmosferico nel terreno, grazie all’opera di batteri specializzati che vivono in simbiosi nelle loro radici. Il controllo delle piante infestanti viene effettuato attraverso sistemi quali l’uso di sementi particolarmente selezionate, il trapianto o la falsa semina; quest’ultima tecnica consiste nel simulare una semina 2-3 settimane prima di quella vera, per indurre la germinazione delle piante infestanti che, quindi, vengono interrate prima della semina vera e propria. Il sistema più diffuso di lotta antiparassitaria biologica, infine, consiste nell’introduzione di nemici naturali dei parassiti. In linea con i criteri generali sopra esposti, i principi essenziali dell’agricoltura biologica, disciplinata in Europa dal regolamento CEE 2092/91, prevedono: il mantenimento della fertilità del suolo mediante le rotazioni colturali, la consociazione, l’inerbimento, la coltivazione delle leguminose, l’uso di letame o di altra sostanza organica, il sovescio; il controllo degli insetti dannosi con l’utilizzo di varietà resistenti o il ricorso a pratiche quali l’uso dei naturali predatori degli animali fitofagi e degli insetti succhiatori della linfa, della cosiddetta “confusione sessuale” (in cui tramite feromoni si attirano gli insetti e li si allontanano dalle colture), della “cattura in massa”, o attraverso l’impiego di batteri letali per i parassiti (ad esempio, il Bacillus thuringensis agisce contro le larve dei lepidotteri) e di insetticidi naturali. La flora infestante deve essere controllata mediante opportune lavorazioni del terreno, attraverso l’avvicendamento di colture diverse sullo stesso terreno, il pirodiserbo, la pacciamatura; i parassiti vegetali vanno controllati utilizzando varietà resistenti, utilizzando sostanze naturali caratterizzate da bassa tossicità nei confronti dell’uomo e dell’ambiente. La zootecnia biologica si ispira al principio del benessere animale, nel rispetto del quale vanno garantiti agli animali spazi minimi – attraverso ricoveri e forme di stabulazione che consentano l’accesso alla luce e all’aria aperta – un’alimentazione sana e condizioni di vita che prevengano l’insorgenza di malattie. L’alimentazione deve essere attuata tramite l’80% di alimenti biologici; le malattie vanno curate con prodotti omeopatici e solo in determinate situazioni possono essere utilizzati farmaci chimici. Il termine agricoltura biologica indica un metodo di coltivazione e di allevamento che ammette solo l'impiego di sostanze naturali, presenti cioè in natura, escludendo l'utilizzo di sostanze di sintesi chimica (concimi, diserbanti, insetticidi). In questi ultimi anni è nato intorno al biologico un vero e proprio business, che ora si sta ridimensionando, ma che ha prodotto nell'immaginario collettivo una idea del biologico sbagliata. Agricoltura e alimentazione biologica Questo articolo non vuole nè santificare nè denigrare il biologico, ma semplicemente dimostrare che: il fatto che un prodotto sia biologico non ne garantisce la qualità, nè per quanto riguarda la sicurezza, nè per la bontà, nè per le caratteristiche nutritive! I cibi biologici non sono più sicuri La notizia del basilico contente una sostanza naturale altamente cancerogena è emblematica. Ma le sostanze nocive naturalmente presenti negli alimenti sono migliaia, sicuramente molte più di quelle aggiunte dall'uomo. Ogni anno vengono analizzati campioni di frutta e verdura e vengono puntualmente trovate quantità di residui di fitofarmaci abbondantemente al di sotto dei limiti di legge. In alcuni casi (come nei pomodori) i residui semplicemente non esistono, in pratica un pomodoro biologico non presenta alcuna differenza rispetto a uno "normale"! A tal proposito consiglio di leggere questo interessante articolo. I cibi biologici non sono più buoni Anzi, capita che alcuni alimenti decisamente poco appetibili vengano promossi e venduti ai seguaci del bio grazie alla promessa di effetti benefici sull'organismo. Basta pensare a molti prodotti a base di soia (tofu in testa!), che spesso per renderli appetibili vanno fritti o cotti con sughi molto saporiti, con il risultato che la preparazione finale diventa nociva per la salute in quanto ipercalorica, oppure ricca di grassi alterati dalla frittura! Per quanto riguarda la frutta e la verdura, i metodi dell'agricoltura biologica non la rendono migliore. Ciò che rende più buona la frutta e la verdura è il fatto che venga raccolta quando è già pronta per essere mangiata e non prima. Un piccolo agricoltore biologico della mia zona mi raccontava che le grandi catene di distribuzione del biologico si comportano esattamente come quelle tradizionali: non accettano frutta troppo matura, quindi poco trasportabile. Quello che rende buono un prodotto, quindi, è il fatto di poterlo acquistare dal produttore a un giusto grado di maturazione, a prescindere che sia o meno biologico. I cibi biologici non sono più nutrienti Lo dimostrano studi condotti in Italia dall'INRAN, confermati da studi condotti oltre oceano: gli alimenti biologici contengono la stessa quantità di vitamine e sali minerali degli alimenti tradizionali. Chi è convinto di proteggere la priopria salute mangiando alimenti biologici, si sbaglia di grosso! Inoltre molti alimenti biologici sono prodotti utilizzando esattamente gli stessi metodi dell'industria alimentare per aumentarne l'appetibilità e mascherare la scarsa qualità delle materie prime: uso di oli e grassi vegetali, uso indiscriminato di zucchero, uso di conservanti nocivi, ecc. Il GRANDE SVANTAGGIO del biologico Sono ormai 4 anni che faccio turismo gastronomico e ho visitato decine e decine di realtà agricole, biologiche o meno. Quello che ho notato è che esitono produttori "etici", che si impegnano al massimo per produrre alimenti di qualità nel rispetto dell'ambiente e della salute loro e dei consumatori (infatti quello che producono è spesso anche quello che mangiano). Altri produttori cercano solo il guadagno e non si fanno grossi scupoli per vendere, sfruttando l'ignoranza dei consumatori e facendo leva sulla loro "voglia di genuinità". Non necessariamente i produttori che mi hanno lasciato positivamente colpito sono biologici, anche se la maggior parte di essi era a favore di una agricoltura che utilizzi la minor quantità possibile di pesticidi. L'attributo "biologico" è quindi una caratteristica trasversale, aggiuntiva, che non garantisce le qualità fondamentali, ma rappresenta un punto a favore di un alimento che ha già superato l'esame qualitativo "standard": sicurezza, bontà, qualità nutrizionali. Di fronte a un formaggio, prima chiedo come è prodotto (se il latte proviene da uno o più allevamenti, se è crudo o pastorizzato, quanti mesi ha stagionato), poi lo assaggio, e se lo ritengo un buon formaggio, ecco che se il latte è biologico questa è una caratteristica positiva. Se il formaggio non è buono, poco mi importa se è biologico o meno: non lo compro e basta. Idem per i salumi: cosa mi importa se l'animale è stato allevato con metodi biologici, se poi il salume contiene nitriti, conservanti cancerogeni? A questo punto è naturale chiedersi: è giusto pagare dal 50 al 100% in più per una caratteristica che non da nessuna garanzia di maggiore bontà o salubrità? A mio parere non ha alcun senso. Ecco allora che si scopre il vero svantaggio del biologico, il rapporto qualità/prezzo non giustificato. Il costo della certificazione, delle basse rese, delle speculazioni, incidono in modo insostenibile sul prezzo dei prodotti. Non sarebbe meglio investire sulla qualità "vera", che si ripercuote sulla bontà del prodotto finale? I prodotti di qualità costano già parecchio, ma vale sicuramente la pena di spendere qualche euro in più, poiché i benefici sono tangibili. Se questi prodotti sono biologici ecco che spesso il prezzo diventa insostenibile: il gioco vale la candela solo se si acquista direttamente dal produttore, visto che i ricarichi più grossi (e ingiustificati) vengono fatti dai grandi distrubutori. La vera dimensione del biologico è a livello locale, nella vendita "dal produttore al consumatore": quando si esce da questa logica, spesso la speculazione prevale e il prezzo diventa eccessivo.